donderdag 17 maart 2011

Quali valori

L’atro giorno, rovistando tra le mie carte in soffitta, ho ritrovato “Parchi e giardini. Per un atlante del patrimonio vincolato”, a cura dell’Ufficio Studi del Ministero dei Beni culturali, pubblicazione finita di stampare nel dicembre ’92 dall’Istituto Polligrafico e Zecca dello stato, che mi regalò mia zia quasi venti anni fa. Il collegamento con il tema del giorno, i vincoli ed i condoni, e con l’articolo di Alfonso Gambardella, preside della facoltà di Architettura di Napoli, abusivismo e condoni, apparso la settimana scorsa sul Corriere del Mezzogiorno, mi è sembrato scontato: nell’articolo, infatti, si esplorava una terza via al condono (ricordo quello di Craxi del 1985 e quelli di Berlusconi del 1994 e del 2003), che non fosse quella della demolizione e della ricostruzione, che senza dubbio comporterebbe costi fin troppo elevati. Una via che preveda invece il recupero dei centri storici e sgravi fiscali per coloro che utilizzano sistemi innovativi per la nuova edificazione: una via che favorisca quindi l’utilizzo del progresso per uscire dalla crisi. Bene.
Io tuttavia penso che il punto sia un altro: la questione dei vincoli, come è noto, esprime in ultima analisi la cultura di un’epoca: le leggi di tutela, la 1089 e la 1497 del 1939 furono emenate in un momento in cui l’Italia aveva bisogno di proteggere il proprio patrimonio culturale e paesaggistico: allora il legislatore si preoccupava di far rientrare in un corpus legislativo uitario tutte quelle norme che volevano proteggere la principale ricchezza dell’italia, e cioè il suo immenso patrimonio, i beni culturali e paesaggistici, dando per scontato che questo andasse protetto, quindi attribuendo a questi beni un valore. Bene
Tornando all’articolo di Gambardella, l’origine del vincolo nel Mezzogiorno ha radici antichissime, se come il Peside ci ricorda, affonda le sue radici addirittura nel Medioevo, quando Carlo d’Angiò costrinse i pescatori napoletani a costruire le loro case sulle spiagge della marina perché non le potevano edificare nel centro…molto prima quindi delle leggi sulla tutela dello stato italiano…ma anche molto prima dei famosi editti contro i saccheggi Napoleonici (editto Doria Pamphili, 1802, editto del Cardinal Pacca, 1820, in cui vengono istituite la Commissione Belle arti e le Commissioni del Patrimonio). Bene.
La domanda perciò sorge spontanea: perché i governanti sentivano, a partire dal medioevo, fino ai giorni nostri, e sentono tuttora il dovere di tutelare i beni culturali, beni che sono di tutti, ricordiamolo, riconosciuti unanimemente patrimonio dell’umanità? E perché le leggi che si succedono nel corso degli anni devono venire sempre interpretate e non possono restare quello che sono, cioè regole da rispettare e basta? Mi riferisco ancora una volta all’articolo sui condoni, che cita l’introduzione della DIA, con il decreto n.380 del 2001, che nelle intenzioni del legislatore doveva semplificare i procedimenti amministrativi, mentre oggi è diventata uno strumento inutile che non tutela né chi la subisce né che la riceve. Perché? Evidentemente qualcosa non torna…mi vorrei soffermare allora sulla cultura dominante che genera un processo legislativo e che secondo Gambardella dovrebbe percorrere una terza via alle demolizioni ed ai condoni. Ma come si fa, mi domando, a prospettare una terza via, dopo che i costruttori italiani si sono mangiati chilometri di costa? Certo, le demolizioni che siano soltanto uno specchio per operazioni di immagine, vanno evitate, a maggior ragione se portate avanti mettendo in bilancio soldi pubblici: allora si, la terza via potrebbe essere la soluzione auspicabile. Ma la domanda nasce spontanea: chi dovrebbe portare avanti la terza via? L’attuale destra di governo??? Il partito del sindaco di Roma Gianni Alemanno, che sta pianificando per la capitale uno sviluppo edilizio dentro e fuori al GRA (vedi in particolare il quartiere di Tor Bella Monaca con il piano di Leon Krier apparso su Amate l’Architettura del 20 febbraio 2011) o la Presidente della provincia Renata Polverini, che con il Piano Casa vuole realizzare un vero e proprio piano edilizio pari a ottanta milioni di mc, attraverso lo strumento del “premio di cubatura”? (Il premio di cubatura, per chi non lo sapesse, consente a chi modifichi la destinazione d’uso dell’immobile da industriale a residenziale, di usufruire di un aumento della superficie pari al 30 %... O magari il Presidente del Consiglio, che è stato capace, dopo la prolificazione di villini stile Valtour, con cucine Boffi ad Antigua, di edificare una nuova città ai piedi della terremotata L’Aquila, in barba ai tutti i regolamenti edilizi, impugnando lo strumento degli interventi straordinari, quello stesso che ha in mano la Polverini; interventi che sfuggono ad ogni controllo? Invece di optare per un restauro capillare dell’antico centro cittadino, invece di investire sulla cultura, che è lo specchio di diamante del nostro paese, invece di mettere in moto l’amor proprio degli abitanti, degli Architetti volontari accorsi da tutta Italia per ricostruire, massimizzando le risorse esistenti, invece di favorire le iniziative private in modo che costituissero un volano allo sviluppo? Invece di blindare le tendopoli nelle quali veniva deciso il destino del popolo e la morte della città? Bene.










Ricordo un articolo che inviai al direttore dell’istituto Italiano di Amsterdam , anche lui aquilano,un paio di anni fa, che raccontava di come l’architetto giapponese Shigeru Ban, uno dei più affermati professionisti giapponesi, avesse regalato il progetto del Conservatorio dell’Aquila, che si trovava a fianco della basilica di S. Maria di Collemaggio, competamente distrutta dal terremoto del 6 aprile 2009, all’Italia. Al progetto l’architetto aveva lavorato quattro mesi, era riuscito a trovare anche le le cordate per realizzarlo e lo aveva regalato, senza pensarci due volte, al governo italiano (pensate, REGALATO!!!): se fosse stato realizzato la città dell’Aquila avrebbe avuto il vanto di avere un conservatorio moderno realizzato da una Archistar come Shigeru Ban, a GRATISSS! Invece, cosa è successo: arrivati alla fase conclusiva, prima della gara d’appalto il progetto è scomparso, ripeto: SCOMPARSO!!!










CANCELLATO DALLA PROTEZIONE CIVILE DI BERTOLASO!!!! Di seguito il sito dell’Architetto con il progetto: http://www.shigerubanarchitects.com/SBA_WORKS/SBA_DRP/SBA_DRP_7/SBA_DRP_7.html.
Bene
Tornando ai regolamenti, secondo voi chi dovrebbe emanare delle regole volte a favorire lo sviluppo del territorio? Marco Travaglio ad Anno Zero ha detto che Francesco Crispi (fine ‘800), prima di diventare presidente del Consiglio, vendette l’unica fabbrica tessile familiare, perché a suo dire, avrebbe potuto influenzare l’andamento del libero mercato…ah, il libero mercato…ma oggi chi metterebbe al primo posto l’interesse del cittadino? Ed allora torniamo al punto: quali sono i valori da preservare? Ma prima ancora: ci sono dei valori? Secondo me deve cambiare la prospettiva, l’angolazione da cui osserviamo il problema, e torno a chiedere: a che serve la catalogazione di un patrimonio culturale immenso (“Parchi e giardini. Per un atlante del patrimonio vincolato…”) se poi nessuno è disposto a mettere al centro dell’attenzione questo bene? A che serve se valgono solo le regole del mercato (leggevo delle dimissioni di Bondi da Ministro della cultura, che spero finalmente diventino realtà, prima che combini altri guai…)? Allora prima di tutto e’ la prospettiva che deve cambiare: se provassimo a mettere l’uomo al centro dei nostri interessi, come succede qui in Olanda, ferme restando le regole del mercato, e non più il bene architettonico fine a se stesso? Se provassimo a concentrare i servizi in punti nodali della città, come ci insegnano le più elementari regole dell’urbanistica moderna (vedi Amsterdam, la stazione Bijlmer Arena), invece di disseminare sul territorio a prezzo di un indiscriminato sfruttamento fondiario, centri commerciali, uffici, residenze, o peggio variando la destinazione d’uso e oltretutto assegando premi di cubatura? Se concentrassimo invece, senza limitare lo sviliuppo, questi servizi in punti notevoli, collegati magari da nodi di scambio??? In Italia basta che ci sia un arteria di collegamento ed il gioco per costruire giganti è fatto: mi riferisco per esempio al centro commerciale di Serravalle sull’autostrada Torino Genova, o a quello di Fiano Romano, sulla A1, o ai grandi magazzini IKEA, che stanno sorgendo ovunque come funghi a Torino, Roma, Caserta! Bene.
Ma allora dov’è la tutela? E mi riferisco alla La tutela del territorio, prima che dei beni culturali, dei parchi o dei giardini…in secondo luogo: chi la deve preservare? E in ultimo: va preservata? Cambiamo la prospettiva: cerchiamo di fare ordine in ambito legislativo…ricordo un colloquio con l’Assessore ai Lavori Pubblici del XX Municipio, al quale cercavo di proporre la riqualificazione dell’area dell’ex fabrica di mattoni presso Via Targioni Tozzetti, a Saxa Rubra…per tutta risposta l’assessore mi raccontò che avevano dato in un’area poco distante, vicino alla fermata Due Ponti della linea Roma-Viterbo, il permesso a costruire a Mezzaroma una palazzina senza i necessari spazi a parcheggio, in barba alla legge Tognoli, n.122/1985, che assegna 5 mq di parcheggi ogni 100 mq di residenziale. Bene. Ed ora veniamo al punto: chi può esplorare quella terza via prospettata da Gambardella? E a che serve compliare un elenco del patrimonio vincolato se poi Mezzaroma costruisce dove non può e Berlusconi dove non deve? E quindi: quali valori vogliamo tutelare? Allora dobbiamo proprio fare un passo indietro, azzerare tutto e ripartire daccapo. Bene.
Costruire è la forza di un Paese, abbiamo visto (vedi: lavorare, lavorare, lavorare…) e costruire bene può rappresentare una scommessa su cui si possono giocare i destini del futuro: a Dubai stanno costruendo una città al 100% autosufficiente, superecologica, dove i tram sono magnetici ed i treni passano sopra alle automobili, fatta di semafori intelligenti e metropolitane leggere, di pannelli solari e di pale eoliche: la città del futuro! Bene.
La scommessa del nostro Paese può essere vinta solo grazie al progresso: innanzitutto va cambiata la classe dirigente, e poi bisogna ricominciare ad investire sulle infrastrutture: un buon esempio mi sembra la stazione di Bolzano, il cui progetto è stato vinto dallo studio dell’architetto austriaco Boris Podrecca.



L’assessore del Trentino Alto Adige luis Durnwalder ha affermato che bisogna al più presto trovare le cordate che comincino i lavori, perché quel concorso non resti lettera morta….segno che a Bolzano la classe dirigente ha a cuore l’interesse del cittadino, e che Bolzano non è Roma…Bene.
Qui sta il nostro futuro: investire sulle strutture e raccogliere gli sforzi fatti per fare ordine nel mare di regole che governano il nostro patrimonio culturale. Bene.
Innanzitutto capire quali valori ci sono in atto e poi farli rispettare, come accade in tutti i Paesi del mondo.

Luca Coppola

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